sabato 30 marzo 2013

LA REGOLA DEL SILENZIO (THE COMPANY YOU KEEP) - SUSAN SARANDON BASTA PURE CHE FAI SOLO LA COMPARSA

Un inizio di film così non fu mai meglio scritto: Una donna di schiena, camera che si avvicina, riconosci i capelli rossi e ondulati, inquadrano il viso e tu pensi: "porca paletta un altro film con Susan Sarandon..."; uno sguardo triste al marito che esce di casa coi figli e poi via per andare alla pompa di benzina a farsi arrestare.
La storia, quasi più un docu-film a tratti, visti i ritmi lenti e i silenzi sonnecchiosi, parla di un gruppo eversivo organizzato a fine degli anni '60 in America, di cui sinceramente non ero a conoscenza (http://it.wikipedia.org/wiki/Weather_Underground), ma che ha reso violento il periodo di ribellione studentesca, creando clima di terrore in casa ai "paladini della democrazia", e della loro vita in clandestinità fino all'arresto a catena dei suoi fondatori, ambientato immaginariamente nel nostro presente.
Quando intuisci la trama pensi: "che figata!", ma devi sempre ricordare la prima scena, Susan Sarandon non tradisce mai!
Una storia di sentimenti paterni e amori conclusi a causa della latitanza, vite spezzate dalle scelte fatte in gioventù, ma rinate rocambolescamente nei sogni dei ragazzi (avvocati, professori, gente diventata tale solo perchè lo voleva fare, grazie alle coperture politiche sottolineerei), che si scoprono fragili nelle fondamenta quando si scontrano con la realtà della legge, facendo soffrire tutte le persone di cui si erano circondate e che non conoscevano il loro passato.
Suggerimento ai protagonisti reali (ricordiamo che Robert Redford nella parte del cattivo-buono fa la sua porca figura) del film:

  1. Perchè non siete andati in Francia a suo tempo? La dottrina Mitterand vi avrebbe fatto vivere meglio. 
  2. Perchè adesso anziché andare in mezzo ai boschi non vai in Brasile? Cesare Battisti ti può dare una mano a rifarti una vita, è un esperto!

Film noioso e lento, poi vederlo in inglese non aiuta, soprattutto per chi, come me, l'inglese lo sa poco e male, quando i protagonisti parlano veloci e con una patata in bocca è difficile capirli (un ciccione degli attivisti era incomprensibile).
Non consiglio la visione in lingua originale, anche se il titolo è sempre più azzeccato (chi caspio fa le traduzioni?), ma in italiano almeno potrebbe servire per scoprire una pagina di storia che non è così scontato che si conosca.

Hasta Siempre

The Boss

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